Lo so, ho usato un titolo ingannevole come nel peggior giornalismo da social, scusate, naturalmente non intendevo il mio compagno di vita, ma colui che con le sue parole mi ha tenuto compagnia, mi ha consolato, divertito, emozionato, spaventato e aiutato per una buona parte della mia vita.
Ho avuto un King in ogni borsa, l'ho portato in ogni luogo e in ogni tempo.
Abbiamo passato insieme giorni interi, mattine polverose, sere gelide, notti insonni, pomeriggi afosi.
Ogni libro è stato medicina, coraggio, consolazione, salvezza, premio, amicizia, divertimento e, qualche volta, puro e semplice intrattenimento.
E poi la sofferenza, la dolce sofferenza, quel senso di malinconia e di perdita girando l'ultima pagina, la tentazione di chiedere: "ancora" e pensare: non li vedrò più, non starò più con loro e ora che faranno?, senza quasi rendermi conto che quelle persone erano personaggi e che no, in effetti no, non li ho mai veramente visti, anche se ho avuto l'illusione di conoscerli.
Stephen King, senza dubbio, vende illusioni, sogni oppure incubi ma quel che resta alla fine è l'umanità dei personaggi, la grandiosità della semplice, mediocre vita quotidiana.
Se le sue storie sono geniali, i suoi personaggi sono un trattato di antropologia non puoi non amarli dopo averli visti così...da vicino.
Leggo Stephen King da più di vent'anni ormai, tra alti e bassi è vero, come tutti e come è giusto che sia, dobbiamo fare tutte le esperienze letterarie possibili, ho avuto anch'io i miei periodi di spocchia pseudo intellettuale, ho viaggiato con Proust nello zaino per un'estate intera e alla fine non sapevo bene se stessi cercando il suo di tempo o se stessi perdendo il mio, di regola m'infliggo un Maupassant ogni due Follet ma, a King, che mi accompagna da una vita, un grazie almeno glielo devo...o no?
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