In questi giorni ho scoperto gli audiolibri, magari voi già ne fate uso da tempo ma io li ho sempre considerati strumenti per ipovedenti e non mi ha mai sfiorato l'idea di ascoltarne uno. Venerdì scorso mentre dipingevo nel mio studio, presa dallo sconforto per la pochezza delle trasmissioni radio, così ricche di pubblicità e così povere di tutto ciò che avrei voluto ascoltare, mi sono ritrovata a scaricare una App, libri in italiano gratuiti.
Avevo fame di storie, un bisogno di parole sensate, buone, calde e confortanti, il nome di Grazia Deledda mi è apparso davanti come un'indicazione stradale all'uscita di una galleria.
Canne al vento, letto a scuola, buttato giù come una medicina tanti, troppi, anni fa.
La voce morbida della narratrice, mi ha da subito avvolta in un abbraccio di parole e mi sono ritrovata a dipingere in Sardegna, non la meta delle tante vacanze ma quella terra dura, chiusa, isolata, terribilmente bella che doveva essere l'isola agli inizi del novecento.
Il profumo del mirto misto all'acqua ragia dei miei pennelli.
Uomini e donne scolpiti nelle pagine.
Incantata da quel mondo dimenticato ho ascoltato, ho ascoltato, ho ascoltato per tre giorni.
In casa mentre lavavo i piatti e il sonoro dei cartoni animati faceva a pugni con i miei auricolari.
Per strada, camminando velocemente verso l'asilo.
Stirando.
Riordinando giocattoli e libri sparpagliati nel soggiorno.
Auricolari piazzati nelle orecchie e cellulare nella tasca posteriore dei jeans per tre giorni, sfruttando ogni momento buono e ora che è finito sento la mancanza di quella gente dura, ignorante e lontana, un po' come ti manca a volte una famiglia quando è lontana, non la comprendi, non la giustifichi ma ti manca.
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