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Vita di un perdigiorno

Un figlio adolescente è un esperienza debilitante in ogni periodo storico, ma un figlio adolescente dipendente da giochi elettronici è qualcosa che le nostre nonne non avrebbero potuto spiegarci né spiegarsi.
Nel tentativo di distrarlo si studiano tutte, si parte dalla ragionevole passeggiata pomeridiana, quella che si conclude con il gelato che piaceva tanto a noi figli degli anni settanta, fino a coprirsi di ridicolo offrendogli giochi come quando era un bambino, cioè ieri, soltanto ieri.
Le litigate sono all'ordine del giorno, quando va bene, scandiscono le ore del giorno quando non va affatto bene, ma è la normalità.
La minaccia della "punizione esemplare" arriva ogni giorno dopo il primo o al massimo secondo conflitto sul campo e il campo di battaglia, normalmente, è quel metro quadro di soggiorno davanti alla tv dove si muove il giocatore incallito di PlayStation.  Una guerra verbale che diventa un vero corpo a corpo quando l'adolescente si rifiuta di posare il joystick. La mamma nel tentativo di strapparlo di mano finisce, quasi sempre, per essere trascinata per tutto il soggiorno appesa al figlio che si divincola dalla presa e continua a giocare nonostante i cinquantasette chili di mamma aggrappati al joystick.
È una lotta continua, esasperante, estenuante direi avvilente. Perché non se ne esce e se si vince qualche piccola battaglia il giorno dopo si ricomincia da capo, come in quel film della marmotta.
Ogni tanto il genitore portato al limite lo trapassa senza vergogna nascondendo cavetti, carica batterie e qualsivoglia spinotto che serva a giocare elettronicamente o in rete.
Ma l'adolescente del 2017 è intelligente...troppo intelligente per due genitori arrabbiati, esausti e inverosimilmente innamorati di qull'essere che va a dormire con la maglia del giorno prima, scatta se gli chiedi due volte la stessa cosa e ti svuota il frigo senza ritegno. Questo è il problema, lui è furbo, ha la peluria sul labbro superiore, tra pochi anni, o giorni, sarà più alto di noi e noi lo vediamo ancora bambino e invece di mandarlo in un collegio militare lo coccoliamo come quando aveva quattro anni.
Ma oggi una mamma sfinita, aiutata dalla sola forza della disperazione ha avuto un'idea.
Una punizione terribile, orrenda, vergognosamente cattiva.
Dieci pagine di letteratura classica ogni volta che si rifiuta di spegnere dopo il tempo di gioco virtuale concesso.
Dieci pagine da leggere in assoluto "raccoglimento spirituale" e relativo riassunto verbale alla fine di ogni capitolo.
Con la speranza che dopo i musi,  i brontolii e gli stropicciamenti stizziti di pagine ne rimanga intrappolato, che il vago sentore di muffa della carta gialla lo avvolga fino a sentirne l'abbraccio. Nella speranza che i personaggi e la storia gli entrino nel cuore e arrivi alla fine del libro perché vuole, non perché deve.
Non andrà così, non voglio illudermi ma se non altro ci saremo portati avanti con l'istruzione.
Abbiamo iniziato con Eichendorff, Vita di un perdigiorno, lo so, la scelta del titolo non suona per nulla casuale.

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